mercoledì 30 ottobre 2013

LETTERA ALLE NOSTRE COSCIENZE

Domenica ad Asti trecentoquarantuno persone sono state folgorate sulla via del Partito Democratico. Lo stesso è avvenuto in molti circoli della Provincia. Apparentemente, da militanti, dovremmo rallegrarci di questo coinvolgimento dell'ultimo minuto, che inverte la rotta rispetto al calo di iscritti degli ultimi anni.

E invece i democratici astigiani sono umiliati e furenti, perché molte di quelle persone ammassate per sottoscrivere una tessera sono state chiamate a raccolta da forze uguali e contrarie che, con la complicità di regole scellerate, non si sono fatte scrupoli a svilire un congresso, il momento più alto nella vita di partito, in cui si dovrebbero confrontare idee e non cordate. Molti dei neotesserati sono disoccupati, migranti, famiglie in difficoltà, gli stessi che la nostra storia politica ci impone di tutelare e che invece abbiamo scelto di sfruttare come “carne da congresso”. Tutti metodi che abbiamo già visto applicare in passato, senza che nessuno se ne assumesse mai la responsabilità.

Ci chiediamo il perché di una simile prova di forza: certo, controllare la segreteria provinciale e cittadina significa risparmiarsi molte noie e possibili critiche da parte di militanti pensanti e non adepti. Ma questo obbiettivo può legittimare l'umiliazione della militanza onesta e lo sfruttamento di persone ignare? Vorremmo che i responsabili dello scempio rispondessero a questa domanda, anzitutto davanti alla loro coscienza.

In queste ore tanti vorrebbero stracciare le tessere, anche tra i nostri eletti. C’è chi l’ha già fatto. Quando si scavalcano i militanti le conseguenze sono queste, mentre il partito cessa di avere un senso come luogo di partecipazione e confronto. Ma un partito reso vuoto non lo si può riempire con quelle 341 tessere. Cosa rimane, dunque, del Partito Democratico?

Rimane l’iniziativa di chi non ci sta e continua a crederci, nonostante tutto, ma ha bisogno di risposte forti ed inequivocabili.

Ci rivolgiamo dunque ai candidati, scavalcati dalle stesse forze che li sostenevano, perché agiscano in prima persona e contribuiscano a superare questo momento di estrema amarezza. Chiediamo a Giorgio Ferrero, Francesca Ferraris, Carlo Gentile e Luigi Sposato di non accettare l’esito falsato di questo congresso, di verificare insieme alla commissione per il congresso il rispetto del codice etico di tutti gli iscritti e condannare politicamente quanto accaduto.

Perché di fronte ad una pagina indegna della nostra storia politica, non si può tacere, “perché anche se noi ci crediamo assolti, siamo lo stesso coinvolti!

martedì 29 ottobre 2013

La storia di un parto al Congresso PD


Gentili Compagni di Partito,

molti di voi mi conoscono già mentre per gli altri mi presento: mi chiamo Elis Aceto, frequento le stanze del Partito Democratico dal mio ingresso in Consiglio Comunale con il quale (forse) sono stato catapultato repentinamente in una realtà per certi versi molto più grande di me, una realtà che a volte umanamente gratifica mentre altre fa venire il mal di pancia nel senso letterale del termine. 

Ho partecipato a innumerevoli riunioni tra circolo cittadino, provinciale, esecutivi vari, l’organizzazione e la realizzazione della festa democratica, ecc… Una cosa che ho particolarmente patito in questa militanza è che il peso delle mie parole risultasse spesso identico, agli occhi dei poco militanti, a quello di qualche altro, non sempre iscritto, che invece non ha per nulla contribuito alla vita di partito ma è stato magari reclutato la sera prima con una telefonata per venire a sostenere questa o quella tesi di comodo. 

A casa ero veramente combattuto: cosa vado a fare al congresso? Perché?

Potrei sviscerare gli argomenti politici più disparati (l’investimento negli F35, la necessità di un'attenzione vigile sulla Costituzione , la realizzazione di leggi di civiltà, utili al paese e ad aumentare il suo tasso di giustizia, la legge elettorale, la legge sull’omofobia, la necessità di una risposta al sovraffollamento carcerario) ma lo lascio fare a chi è molto più in gamba e navigato di me, potrei raccontarvi che il momento del congresso è quello in cui fare emergere con nettezza una visione del futuro del paese e capire insieme dove vogliamo andare. Potrei anche dirvi che c’è un popolo di sinistra che ci guarda con sconforto, un elettorato deluso che ha visto poco a poco smorzarsi l’entusiasmo e che accetta che il suo – il nostro - partito perda le elezioni ma che ha paura di vederlo perdere l’anima.
Venendo a raccontarvi questo, sì, farei presenza, prenderei parola, magari riuscirei a far cambiare idea a qualche libero vecchio iscritto ma se poi la maggioranza di questi dovesse votare non in base alla propria coscienza e militanza ma in base alle capacità persuasive più o meno corrette, più o meno esplicite del proprio capobastone allora che ci vado a fare?

Allora non farò nulla di tutto questo: vi racconterò invece la storia di un parto.

La possibilità di frequentare da eletto gli ambienti amministrativi e da iscritto gli ambienti di partito mi ha aiutato a individuare quelle che secondo me sono le problematiche del PD locale. Ammetto che ancora oggi alcune logiche mi sfuggono ma di una cosa sono certo: oggi siamo riuniti qui per svolgere un compito importantissimo. Non dobbiamo pensare che il nostro compito si esaurisca facendo o rinnovando la tessera e votando: oggi siamo qui a svolgere un ruolo attivo, come potrebbe essere quello di un medico, durante un parto, appunto.
Oggi siamo chiamati a far nascere con le nostre mani un bimbo il cui nome è “Partito” e il cognome, ben più importante, è “Democratico”. Notate che non ho appositamente utilizzato le parole “ri-nascere” o “nascere nuovamente” perché mi risulta che i tentativi del passato si siano conclusi con un aborto a volte spontaneo e a volte indotto.

Non basta però quindi farlo nascere. Una volta accompagnato il bimbo PD fuori dal grembo materno dobbiamo tutti insieme, immediatamente dopo, recidere il cordone ombelicale che lo tiene ancorato a questo o quel capobastone.

Dobbiamo poi nutrirlo per garantire la sua crescita costituita da un frequente ricambio cellulare ed arricchire la sua esperienza e istruzione con un frequente rinnovamento delle persone che lo circondano e vi gravitano attorno: vi starete a questo punto chiedendo se mi riconosco o meno nella corrente dei "rottamatori". Vi rispondo che alla corrente dei rottamatori preferisco quella dei "carrozzieri", perché sono quelli che lavorano quando c'è ancora qualcosa di salvabile, e noi abbiamo molto da aggiustare ma anche da salvare. Ognuno di noi dovrebbe impegnarsi a vedere il cambiamento nella contaminazione e nell'arricchirsi delle diverse storie ed idee, non nel tentativo di eliminarne alcune. Solo così potremmo conoscere il segreto del vero rinnovamento, che non è un demolire, ma un riprendere, rinvigorire, re-interpretare.

Questo bimbo PD dobbiamo poi accudirlo con la nostra militanza per farlo arrivare ad essere grande, indipendente e camminare e muoversi da solo: più volte ho sentito parlare, anche pubblicamente, dei presidi dei centri di potere perché altrimenti si hanno le mani legate. Falso! Come possiamo pretendere di governare quei centri per perseguire il bene comune se non ce ne affranchiamo, se ci siamo dentro e ne veniamo condizionati? E’ come chiedere a un bambino che scopriamo con le mani nella marmellata di non mangiarla e di chiudere il barattolo! 

Infine dobbiamo curare i rapporti con i figli di questo bimbo che nel frattempo sarà diventato un adulto PD: gli eletti. Dobbiamo curarli al fine di evitare le dinamiche che hanno portato ai famosi 101 o alcuni nostri eletti, come la Serracchiani, ad affermare di vincere nonostante il PD. Eletti di questo tipo, lasciati soli, potranno solo effettuare scelte individualistiche mentre una schiera di eletti che siano vera espressione del partito democratico potrebbero finalmente attuare le cose di cui tanto si discute in queste stanze e poco si concretizza fuori.

Ecco perché, per tutto questo discorso, perdonatemi, più pragmatico che politico, ritengo Francesca Ferraris e Luigi Sposato i candidati ad essere l’unica scelta per lavorare a un parto spontaneo e non l'alternativa per un ulteriore aborto.

lunedì 21 ottobre 2013

Il vero schiavo non è colui che ha la palla al piede ma chi non è più in grado di immaginare la propria libertà.


Non credo sia un'operazione corretta e coerente spacciare per rinnovamento (o rottamazione) la volontà di cancellare la ricchezza costituita dalla pluralità di idee interne pescando delle "ligere" piazzate ad hoc nei centri di potere (cda, collegi, partecipate, ecc...).
Credo non lo sia anche e soprattutto perchè saranno sempre e comunque individui NON liberi ma schiavi della carica di cui sono stati investiti (molto spesso come favore politico e non per competenza o merito).

Occhio che la pluralità di idee libere porta alla costituzione di correnti di pensiero (di per sè sane) mentre operazioni di questo tipo, evidentemente finalizzate all'assunzione del controllo di un partito con l'eliminazione di chi la pensa diversamente, hanno l'unico effetto di creare delle ammucchiate e le "ammucchiate", come voi "navigati" della politica mi insegnate, si fanno per piacere personale e non per il bene comune!