L'audiointervento in Consiglio Comunale
Chiacchierando, leggendo e confrontandomi sul "Quorum Zero" ho sostanzialmente ascoltato due scuole di pensiero:
La prima: recependo il quorum zero corriamo il rischio di incamminarci in un sentiero volto a “delegittimare l’azione politica”, un sentiero che conduce in un’agorà in cui rischia di vincere chi urla di più, mentre dovrebbe scegliere chi ha già vinto perché si è sottoposto al “bagno elettorale”.
Io non concordo: recependo il quorum zero non delegittimiamo l’azione politica, casomai MODIFICHIAMO le dinamiche dell’azione politica: se io amministratore so che una decisione può essere sottoposta all'opinione dei cittadini attraverso lo strumento del referendum mi adopererò PRIMA per un’ampia condivisione dei miei progetti contribuendo così ad aumentare il grado di partecipazione oggi ridottasi a bassissimi livelli. Ci dovremmo interrogare poi se la logica del “vince chi urla di più” sia valida solo per i referendum o anche a proposito dell’elezione dei rappresentanti istituzionali che si sottopongono al cosiddetto “bagno elettorale”. Poi perché se i cittadini devono dare mandato di rappresentanza a noi può bastare meno del 50% degli aventi diritto mentre se si devono esprimere loro devono essere più del 50% degli aventi diritto? Se avessimo un quorum anche per le elezioni dei rappresentanti le ultime elezioni non avrebbero espresso eletti e il fatto che invece li abbiano espressi vuol dire che sono delegittimati politicamente poiché votati da meno del 50% degli aventi diritto? Io dico di no!
La seconda: ma tu sei per una democrazia rappresentativa che si estrinseca attraverso l’azione dei corpi intermedi o per una democrazia diretta dei cittadini? Perché sono due cose in antitesi e una esclude l’altra.
Non sono così convinto che si escludano a vicenda: così come uno o più eletti potrebbero non essere d’accordo su uno o più punti del mandato di governo su cui i cittadini gli hanno conferito potere di rappresentanza, che non è una delega in bianco, anche i cittadini potrebbero non essere d’accordo su alcuni punti e vorrebbero magari potersi esprimere all'occorrenza e senza vincoli, esattamente come hanno fatto quando hanno conferito quel mandato ai propri rappresentanti.
I cittadini danno agli eletti un mandato di rappresentanza, ripeto, non una delega in bianco, se così non fosse potrebbero verificarsi delle storture. Per esempio potrebbe verificarsi che non 1,2 o 3 eletti, ma addirittura un’intera maggioranza non sia d’accordo con uno o più punti del programma elettorale sul quale hanno ricevuto mandato e quindi non attuarli. Questo fatto denoterebbe, oltre ad una evidente crisi di rappresentanza, persino una sfida alla legge dei grandi numeri!
La crisi della rappresentanza è drammaticamente percepibile, come la crisi di fiducia verso quelle comunità intermedie costituite anche dai nostri partiti politici che, vuoi per loro colpe, vuoi per colpe di chi dovrebbe ascoltarli, hanno diminuito il loro potere di incidere nei processi decisionali.
La situazione contingente vede il verificarsi del combinato disposto di una crisi di rappresentanza e di un preciso disegno di continua ed inesorabile sottrazione ai cittadini del potere di intervento nella vita pubblica: questo fatto determina uno squilibrio di poteri decisionali che fa pendere la bilancia TROPPO verso gli eletti le cui decisioni non vengono così controbilanciate né dai corpi intermedi, né dai cittadini direttamente. E' per questo motivo che, pur prediligendo e riconoscendo la centralità dei corpi intermedi nella funzione della rappresentanza democratica, in questo particolare periodo socio-economico-politico, ritengo sia altrettanto importante che gli eletti abbiano un controaltare e questo controaltare siano i cittadini che li hanno votati.
A scuola mi hanno insegnato che la democrazia è il governo del popolo.
Esempi di questa sottrazione di partecipazione dei cittadini alla vita pubblica e quindi di depauperamento della democrazia potrei farne a bizzeffe:
Il "Jobs Act", la riforma del lavoro
- basti pensare al trattamento riservato ai corpi intermedi, a volte persino sbeffeggiati, rappresentati dai sindacati.
- approvato con il ricorso al voto di fiducia da parte del Governo sotto forma di Legge delega che quindi demanda non necessariamente ad eletti le scelte definitive.
"La Buona Scuola", la riforma della scuola
- in cui non pare che la disponibilità di dialogo coi corpi intermedi l’abbia fatta da padrone con il culmine nel voto di fiducia che ha scavalcato persino la discussione dei rappresentanti in parlamento dei cittadini
La riforma del Senato
- realizzata da un parlamento eletto in base ad una legge dichiarata incostituzionale che determina un problema di legittimazione, non giuridica, ma quantomeno politica
- le riforme costituzionali dovrebbero rispondere in primo luogo all'esigenza di favorire e accrescere la partecipazione dei cittadini mentre con questa riforma la si riduce (eletti non sono espressione del voto popolare).
- le funzioni del Senato che la riforma si prefigge di realizzare: funzioni di riflessione, controllo e garanzia anche attraverso funzioni di coesione territoriale (consiglieri regionali e sindaci) sarebbero più adeguatamente svolte da un Senato in larga parte elettivo cosa che non è.
L'Italicum, la riforma elettorale
- La nuova legge elettorale per la Camera dei deputati (L. 52 del 2015), contravvenendo a quanto stabilito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 1 del 2014, ha nuovamente introdotto un sistema che impedisce, in larga misura, la scelta da parte dei cittadini dei propri rappresentati nell'unica Camera del nostro Parlamento destinata a rimanere direttamente elettiva. Spetta, infatti, ai Partiti indicare i Capolista in 100 collegi plurinominali, con la conseguenza che chi vince le elezioni, grazie al premio di maggioranza, otterrà 100 deputati su 340 indicati come Capolista e quindi sottratti alle preferenze dei cittadini; chi le perde vedrà eletti 290 deputati in proporzione ai voti ricevuti, tendenzialmente coincidenti con i Capolista». In breve: «390 deputati su 630 saranno sottratti alla libera e democratica elezione popolare alla faccia della Corte costituzionale e della Sovranità popolare.
Elezioni provinciali
- L'avamposto territoriale della logica di diminuzione del potere di intervento nella vita pubblica da parte dei cittadini sono le elezioni provinciali: elezioni di secondo livello in cui non sono i cittadini ad eleggere direttamente i rappresentanti ma i loro rappresentanti eletti in altri Enti per fare altro.
Le leggi di iniziativa popolare
- nel nostro Parlamento, le leggi di iniziativa popolare hanno una possibilità su 25 di diventare realtà. Gli ultimi dati disponibili negli archivi digitali delle Camere risalgono all’inizio dell’ottava legislatura, nel 1979. A partire da questa data fino alla fine del 2010, su 216 proposte di legge di iniziativa popolare depositate, solo 9 sono state approvate in via definitiva. Le altre sono ancora «in discussione» o addirittura «da assegnare alle commissioni competenti» (ovvero dimenticate per sempre negli archivi della Camera e del Senato).
Ed è con questi numeri desolanti che si misura l’ascolto che noi politici, i nostri partiti, rappresentati nelle istituzioni, danno alle istanze popolari, che pure la Costituzione prevede e sollecita.
Allora, non ci limitiamo solamente a verificare l’esistenza di una deriva autoritaria che non ci piace senza cercare di fare nulla per invertire la tendenza, ma prendiamo anche atto di una lenta e inesorabile sottrazione ai cittadini del loro DIRITTO di partecipare alla vita pubblica: se siamo noi stessi amministratori locali, con le nostre mani, ad escluderli non stupiamoci se poi alle elezioni va a votare 1 italiano su 2.
Esprimersi attraverso il voto deve tornare ad essere importante, per chi lo fa. E dannoso per chi se ne astiene che di fatto “delegherà” non ai rappresentanti, ma a chi decide di decidere, la scelta su temi importanti per la città. Naturalmente questa massa silente o indifferente fa molto comodo al potere ma danneggia la democrazia, avvilisce la partecipazione, mortifica la volontà di approfondire, svuota l’agorà.
Abbiamo oggi l’occasione di dimostrare che anche a Asti i cittadini contano. Cerchiamo di coglierla, non per timore o per convenienza, ma per sincera volontà di riconoscere il valore vero di una democrazia che ci sta sempre più sfuggendo di mano.
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