venerdì 26 luglio 2013

CHI NASCE IN ITALIA È ITALIANO


OTTOBRE 1912: relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione al Congresso Americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti.

"Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura.
Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane.
Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri.
Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti.
Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci.
Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti.
Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti.
Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro.
Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti.
Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro.
I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali…
…….Si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare.
Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano purché le famiglie rimangano unite e non contestano il salario.
Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell’Italia.
Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più.
La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione."

Ho sempre sostenuto che tutti noi, ancor prima che cittadini Astigiani, Piemontesi o Italiani, siamo cittadini del mondo ma evidentemente noi italiani abbiamo la memoria corta perché non mi capacito di come, un Paese come il nostro che ha subito tali e tante vessazioni e discriminazioni a scapito dei suoi migranti, possa stare oltremodo a discutere sull’opportunità, non tanto di concedere la cittadinanza con i relativi diritti, ma la dignità ai minorenni nati nella nostra città, nel nostro Paese.

La dignità deve essere una cosa scontata e non deve essere concessa.

Purtroppo i momenti di crisi socio-economica, come quelli in cui viviamo, vanno a braccetto con episodi di razzismo e discriminazione nei confronti degli stranieri ma è proprio in questi momenti che la politica deve dare un segnale forte di eguaglianza e garanzia di pari dignità sociale così come sancito dall'art.3 della nostra Costituzione.

(art. 3 Cost. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese)

Cerco poi di interpretare il pensiero di chi, in buona fede, è scettico: "ma come? Con tutti i problemi che abbiamo in città (lavoro, emergenza sociale, abitativa, i trasferimenti dallo Stato che tardano ad arrivare, ecc…) mi parli della cittadinanza agli stranieri nati ad Asti?
Certo! Perchè chi meglio delle amministrazioni locali può dare un segnale politico forte, basato sulla realtà dei fatti, al fine promuovere un'attenta e profonda revisione della legge sulla cittadinanza?

La realtà dei fatti ci parla di un milione di persone che sono davvero un talento per il paese ed escluderli significherebbe perdere un’altra volta una priorità: lavoro, intelligenze, qualità, cittadini. Se noi perdiamo questa massa di cittadini perdiamo un valore aggiunto, non solo morale ma reale, economico. Possibilità di lavoro reali, vere, non ipotetiche!

Cosa questo significhi lo sanno bene gli imprenditori del Nord, per i quali l’immigrazione legale è una risorsa preziosa.
Lo sa lo Stato, considerando che 3 milioni e 300 mila immigrati hanno presentato regolare dichiarazione dei redditi.
Lo sanno le banche, visto che il 70% dei lavoratori stranieri ha aperto un conto in una agenzia italiana.
Cosa può rappresentare l’immigrazione lo sanno milioni di famiglie che riescono a prendersi cura dei propri cari, di persone anziane non autosufficienti, grazie al lavoro e all’affetto di badanti straniere.
E lo sanno i figli di genitori italiani, che a scuola, come compagni di banco, ogni giorno di più hanno bambini che sono originari di un altro paese e che magari hanno un colore differente dal loro o un’altra religione.
Bambini che però parlano la stessa lingua, tifano per la stessa squadra di calcio, sognano di fare le stesse cose quando saranno grandi.

A TUTTI QUESTI RAGAZZI E BAMBINI NON POSSIAMO DIRE: CRESCETE E COMPORTATEVI DA BUONI CITTADINI ITALIANI, ANCHE SE NON LO SIETE. O MEGLIO: SE NON VI VIENE RICONOSCIUTO, SE NON LO SIETE PER LE NOSTRE LEGGI. EPPURE È PROPRIO QUESTO CHE OGGI SUCCEDE.

CON UNA NUOVA LEGGE SULLA CITTADINANZA, IL NOSTRO PAESE SARÀ ABITATO DA “NUOVI ITALIANI”, DA CITTADINI A TUTTI GLI EFFETTI, CHE SARANNO ORGOGLIOSI DELLA LORO APPARTENENZA E SARANNO ARTEFICI DI UNA RINNOVATA, MODERNA E CIVILE IDENTITÀ NAZIONALE.

I bambini nati in Italia sono italiani. Devono poterlo essere.

La legge sulla cittadinanza non è una legge tra le tante: è una legge su cui si misura la cultura democratica di un Paese, di una società. Ed è per questo che il Partito Democratico e l'Amministrazione comunale di Asti vogliono cambiare quella attuale e arrivare a norme più giuste e rispondenti alle esigenze di un Paese grande e civile.

2 commenti:

  1. Mi pare che in base alla legge n° 94 del 15 luglio 2009 , sia già così basta risiedere in territorio italiano per 3 anni, non mi sembra un impedimento gravoso

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    1. La legge italiana non prevede il riconoscimento del diritto di cittadinanza per il semplice fatto di essere nati in Italia. La condizione giuridica dei bambini di origine straniera nati in Italia è strettamente legata alla condizione dei genitori: solo se i genitori, dopo dieci anni di residenza legale, ottengono la cittadinanza, questa si trasmette ai figli. Altrimenti la legge prevede che questi ultimi possano fare richiesta di cittadinanza solo al compimento del diciottesimo anno di età (e non oltre il compimento del diciannovesimo). A condizione, però, che siano in grado di dimostrare di aver vissuto ininterrottamente sul territorio italiano. Senza rispettare questa condizione, cosa peraltro non semplice dal punto di vista burocratico e della documentazione da fornire, niente cittadinanza e rischio di essere considerati clandestini, con obbligo di lasciare l’Italia. Le nostre sono le norme più severe tra tutte quelle adottate dalle grandi democrazie europee. In altri Paesi l’acquisizione della cittadinanza può avvenire immediatamente alla nascita, anche se con diverse condizioni richieste

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