venerdì 18 dicembre 2015

Approvata l’istituzione della Consulta permanente sul gioco d’azzardo


Il Consiglio comunale ha approvato ieri sera l’istituzione della Consulta permanente sul gioco d’azzardo. La pratica è stata presentata dall’assessore ai Servizi sociali Piero Vercelli, che insieme ai consiglieri Clemente Elis Aceto, Riccardo Fassone ed Enrico Panirossi ha lavorato alla sua definizione.

Tra gli obiettivi della Consulta, informare i cittadini sui rischi della dipendenza da gioco, promuovere un monitoraggio del fenomeno, studiare forme di incentivo per i gestori di esercizi che rinuncino all’installazione di slot machine e apparecchiature simili. Inoltre, saranno valutate misure che impediscano il gioco d’azzardo nelle immediate vicinanze di luoghi sensibili come scuole, ospedali e case di cura. Indicazioni in questo senso sono state stabilite anche dal disegno di legge approvato dalla Giunta regionale la scorsa primavera, che oltre a prevedere un piano per il recupero degli affetti da gioco d’azzardo patologico, indica in 500 metri la distanza entro cui è vietata il gioco con premi in denaro.

«I dati del Monopoli dello Stato rivelano una situazione drammatica – spiegano i proponenti – ad Asti la spesa pro-capite in gioco (dai gratta e vinci alle slot machine) è di 900 euro, per un giro d’affari che sul territorio provinciale si aggira sui 190 milioni di euro annui (5 miliardi in Piemonte, 89 miliardi a livello nazionale). Non è vero che una città non possa fare nulla contro questo fenomeno, la consulta è un primo passo verso un regolamento per porre un freno al dilagare del gioco d’azzardo e alle sue conseguenze sociali.»

Della Consulta faranno parte i consiglieri Clemente Elis Aceto e Riccardo Fassone, gli assessori Piero Vercelli e Marta Parodi, rappresentanti di Ascom, Confcommercio, Confesercenti e Unione Industriale, rappresentanti delle associazioni Arci, Acli, Uisp, Csi, Fitel, il dirigente del dipartimento Dipendenze dell’Asl AT, rappresentanti dell’associazione Libera e della Caritas diocesana, oltre a un rappresentante della Consulta studentesca.

lunedì 14 dicembre 2015

Il Pd introduca il "vincolo di mandato" per tutti gli eletti e io mi dimetto


La richiesta di mie dimissioni ad opera della dirigenza Pd astigiana risulta oramai tardiva: essendo stata effettuata all'atto della mia uscita dalla maggioranza e non del precedente abbandono del gruppo consiliare Pd, denota un interesse rivolto prevalentemente alle poltrone perdute piuttosto che ai programmi, alle idee e alle persone. A testimoniare ulteriormente questo dato di fatto vi è l’impasse che attanaglia da mesi il Pd astigiano circa la poltrona del Presidente ASP per la quale, assieme ad altri Consiglieri Pd, chiesi a più riprese l’utilizzo di merito e competenze quali criteri per la selezione del suo futuro occupante.

Si chiedono inoltre le mie dimissioni per mancanza di “appoggio all’attuale Sindaco e alla sua Giunta”. Ci sarebbe da chiedere a quale Giunta si riferisca e dove fosse il Pd quando ben quattro assessori si avvicendavano e le deleghe venivano redistribuite durante il corso del mandato.

Per quanto riguarda la mia candidatura all'interno della lista Pd, vorrei appena far notare che ad eleggermi non è stato un partito ma sono stati tutti i cittadini che hanno scritto il mio nome sulla scheda elettorale. Richiedere le dimissioni sulla base della mia candidatura in una lista, principio che tecnicamente è denominato "vincolo di mandato", omette volontariamente di specificare che tale vincolo è anche basato sul programma elettorale e conseguentemente sul suo stato di attuazione.

Proprio per coerenza e rispetto di tutti i cittadini che mi hanno eletto sono uscito, nei fatti, da una Maggioranza che si sta dirigendo altrove rispetto all’idea di cambiamento proposta in campagna elettorale. Altrettanto richiedo allora alla dirigenza del Pd astigiano che, in coerenza con le proprie parole, sono certo non tarderà a far proporre ed approvare in Consiglio comunale, al proprio Sindaco e al proprio Gruppo consiliare, un provvedimento che introduca nello Statuto comunale astigiano il "vincolo di mandato" per tutti gli eletti. Personalmente ritengo tale vincolo incostituzionale e inaccettabile, ma se la dirigenza Pd dimostrasse, nei fatti, di dare seguito concreto alle proprie convinzioni, io rassegnerei immediatamente le mie dimissioni.

Ho molta stima e rispetto per gli elettori del Partito Democratico, sono preoccupato per loro essendo a conoscenza delle dinamiche verticistiche che lo governano e non sarei meravigliato se l'ultima uscita infelice fosse il frutto di un dibattito per nulla collegiale e approfondito.

Clemente Elis Aceto
Consigliere Comunale Indipendente di Asti

martedì 8 dicembre 2015

United Colors (o quasi)


Ringrazio tutti coloro i quali sono intervenuti durante il Consiglio Comunale aperto del 2 dicembre 2015 sul tema "immigrazione". Li ringrazio in particolare per gli importanti contributi che ci hanno ancora di più aperto gli occhi su un mondo che non scopriamo oggi; un mondo e storie che parlano di quanto accade non in un’altra epoca lontana da noi, ma oggi e contemporaneamente in diverse aree geografiche.

Storie che lontano dall’Italia raccontano di navi in partenza stracolme di migranti, di razzismo, di pelle chiara e scura, di schiavitù, di violenza, dell’indifferenza dei governi, di povertà totale, senza scampo né vie di fuga.
Storie che, quando va bene, in Italia si ritrovano sui barconi di Lampedusa o sui binari della Stazione Centrale di Milano o ancora alla frontiera di Ventimiglia.
Quando va male producono invece agli occhi del mondo uno spettacolo poco edificante per tutti:
Penso ad esempio al recente settembre 2015, alla foto della spiaggia di Budrum, in Turchia, con il corpicino di Aylan Kurdi, un bimbo di 3 anni annegato assieme al fratellino di 5 durante il naufragio dell'imbarcazione che doveva portare la loro famiglia a Kos, l'isola greca dove migliaia di profughi provenienti dalla Siria sbarcano con la speranza di raggiungere il Nord Europa. Foto che ricorderete pubblicata sulle prime pagine dei quotidiani di tutto il mondo.


Penso all'ottobre 2013 e alla tragedia a poche miglia dal porto di Lampedusa quando il naufragio di una imbarcazione libica usata per il trasporto di migranti provocò 366 morti accertati e circa 20 dispersi, numeri che la pongono come una delle più gravi catastrofi marittime nel Mediterraneo dall'inizio del XXI secolo.


Ho cercato una citazione che rendesse l’idea che vorrei trasmettervi sul tema dell'immigrazione e ho trovato quella di William Faulkner, Premio Nobel statunitense per la letteratura nel 1949 che parlando degli Stati Uniti degli anni Cinquanta scrisse: 

«Essere oggi contro una società multiculturale è come
vivere in Alaska ed essere contro la neve»

L’Italia è ormai da tempo una società multiculturale e dobbiamo quindi imparare inevitabilmente a riconoscerlo fondando conseguentemente le azioni di governo del fenomeno, sia a livello locale che nazionale, su principi di uguaglianza nei diritti e giustamente nei doveri, di giustizia sociale e di inclusione perché solo in questa maniera si potrà costruire una società più giusta e più equa per tutti, compreso per chi oggi si sente più impaurito e spaventato dal cambiamento e fatica a interiorizzarlo come un dato di fatto. Ma esiste un modo per non avere paura di chi giunge in Italia?

Sicuramente una maniera è tentare di comprendere che, contrapposta alla nostra paura, vi sono la paura e la miseria quali ingredienti predominanti della vita quotidiana di chi alla fine tenta fortuna in un Paese che non è il proprio. Un passaggio della poesia "Home" di Warsan Shire recita “nessuno mette i figli su una barca a meno che l’acqua non sia più sicura della terra”.

Contemporaneamente a questa riflessione, come ricordato da diversi interventi della discussione consiliare, bisogna anche tentare di passare dalla dimensione della caricatura, cioè dal rappresentare questi uomini e donne come una specie di monolite, un tutto indistinto, a raccontare le loro vite e le loro storie singolarmente, storie differenti di persone reali con un nome e un cognome.


Assistiamo invece ultimamente, sempre più spesso, a una efferata speculazione e strumentalizzazione politica del fenomeno immigrazione, una speculazione e strumentalizzazione che mirano solamente, a mio avviso, alla conservazione degli equilibri e a servirsi degli ultimi purché rimangano tali nel tempo.
Ed è con l'utilizzo reiterato di questa logica che, in questo Paese, molti aspetti diventano “emergenza” proprio perché, nel tempo, non si sono prese le adeguate misure, concertandole e sapendole spiegare a una popolazione oramai matura: quella gente che al mattino porta a scuola i figli in classi composte, quando va bene, solo per metà da figli di italiani, e che quando va a prendere l’aperitivo, chiede  lo spritz a una persona che spesso di cognome non fa Rossi ma Chen, Zhang o Wang.

Si è sottovalutato per molto tempo un fenomeno che non è emergenziale ma strutturale. Forse si è sprecato in questo senso il semestre europeo, il secondo del 2014, per fare un passo indietro anziché avanti. Alcune prese di posizione che erano considerate radicali adesso finalmente si cominciano a considerare: penso al coinvolgimento dell’ONU, alla dimensione che si inizia finalmente a dare di un fenomeno che non è solo italiano o europeo ma è globale: si tratta di almeno 2-3 continenti in gioco!

Occorre allora che la politica faccia la sua parte ma troppo spesso le posizioni della sinistra italiana si sono appiattite su linee moderate o addirittura di destra edulcorate dalla paura di perdere voti utili alle prossime elezioni. E allora voglio affermarlo con forza e in maniera inequivocabile: bisogna adottare provvedimenti atti a favorire l’accesso regolare dei migranti, a rivedere le norme sulla clandestinità, a superare i CIE, ad addivenire a una normativa comune e organica di livello europeo riguardo il diritto d’asilo, capace di tener conto della mutata situazione nel quadro internazionale. A questa revisione deve accompagnarsi, fin da subito, l’apertura di corridoi umanitari, anche via mare, sotto l’egida dell’ONU per consentire l’emigrazione legale dei dissidenti e di coloro la cui vita è in pericolo nei Paesi d’origine. Il tutto nella prospettiva di un controllo sovranazionale, con la meta finale di una legislazione unitaria che regoli l’ingresso e il soggiorno nei Paesi membri.
È ineludibile il superamento definitivo dei CIE, a oggi luoghi di sospensione dei diritti che, oltretutto, hanno assorbito ingenti risorse pubbliche che sarebbero state più efficacemente utilizzate per politiche di integrazione a livello territoriale.
Un altro intervento imprescindibile concerne il lavoro, i suoi diritti e la sua rappresentanza sindacale. Casi in cui i lavoratori sono sotto scacco del caporalato che impone paghe risicate e modalità di lavoro massacranti non sono più una prerogativa del mezzogiorno ma irrompono prepotentemente anche in provincia di Asti dove la scorsa estate la GdF ha scoperto e identificato 106 lavoratori in nero.  
Altri interventi necessari risultano essere la semplificazione dell’ottenimento della cittadinanza e il riconoscimento dello ius soli ai figli dei migranti. Sotto questo aspetto Asti si è resa attiva promotrice, col Governo centrale, di un'azione di sensibilizzazione ed esortazione a legiferare.

Nel solco di questi provvedimenti, la cui attuazione ritengo ormai imprescindibile, anche noi amministratori locali dobbiamo farci portatori di una cultura e di una azione politica che riconosca l’immigrazione come elemento strutturale, ordinario e costitutivo del cambiamento in atto nella società italiana e nella nostra città.
Ricordo che il contrario del termine integrazione altrimenti è disintegrazione, mentre oggi si tratta di vivere in Alaska e di affrontare il cambiamento sapendo che viviamo immersi nella neve.

venerdì 30 ottobre 2015

Lo chiamavano democratico


Riassumendo: uno a cui piace #vincerefacile si candida ad un'elezione interna di un partito, si fa votare da la qualunque (ma proprio da la qualunque, eh?) e diventa "capo" di quel partito.

Successivamente, senza mai aver ottenuto personale legittimazione politica in una votazione ufficiale (dove non vota la qualunque, eh?), spodesta il premier di un parlamento eletto con una legge elettorale dichiarata incostituzionale e prende il suo posto facendosi forza con la vittoria alle elezioni interne del suo partito (in cui ricordiamo che ha votato la qualunque, eh?). 

Poi il suo partito(?) fa eleggere un sindaco di una grande città e appena due anni più tardi, dopo averlo difeso contro le opposizioni e insignito del titolo di "vero baluardo contro la mafia", il tizio di cui sopra decide che, tutto sommato, quel sindaco non gli piace così tanto e comanda alla sua corte (o coorte?) di farlo decadere per sostituirlo con uno che gli piace di più (o magari che dice sempre si).

Pare lo chiamassero "democratico".

Ora ripetete tutti in coro con me: #locambiodadentro

giovedì 29 ottobre 2015

Il potere politico e gli altri poteri


Il potere politico e gli altri poteri. Spesso qualcuno li confonde e a volte lo fa appositamente.
Non è perseguendo la strada del merito e della competenza che la Politica abdica al proprio potere. È inseguendo gli "altri poteri" che la politica tende a sostituire la propria autorevolezza con l'autorità. Allora dobbiamo interrogarci: una delle motivazioni per cui la politica non risulta in condizione di risolvere concretamente i problemi dei cittadini è la mancanza di potere esercitato in virtù della propria autorevolezza o della propria autorità? Perché la prima si acquisisce con il valore delle proprie scelte, mentre la seconda con il valore delle poltrone occupate. E c'è una bella differenza.

giovedì 24 settembre 2015

Un Registro di uguaglianze (=)


Da martedì sera Asti è una delle centinaia di città italiane che ha istituito il Registro delle unioni civili. L’iniziativa del Partito Democratico e del consigliere indipendente Aceto vuole occuparsi di una necessità diffusa nella società: quella di veder riconosciuti i diritti delle coppie che convivono su vincolo affettivo. 

Se da un lato è vero che solo il legislatore nazionale può colmare la lacuna con precise norme per regolare i rapporti tra i conviventi non sposati, il comune ha il dovere di raccogliere tali istanze ed essere il primo ente a riconoscere come parte della comunità chi ha scelto di vivere un rapporto che la società ha già ampiamente riconosciuto, mentre ancora le leggi e la politica  nazionale non sono in grado di inquadrare nonostante le continue sollecitazioni del Parlamento europeo e della Corte europea dei diritti.

Nell'attesa di proseguire il lavoro per studiare le possibili ricadute concrete da conferire a questo strumento amministrativo, il Registro delle unioni civili sarà sì, almeno inizialmente, un istituto simbolico, ma un simbolo forte di appartenenza e condivisione di valori, una scelta di civiltà che abbatte le barriere e i pregiudizi che da sempre complicano, e non poco, la vita di chi ha scelto di non suggellare la propria unione attraverso un contratto o un rito formale.

Riconoscendo pari dignità alle unioni civili, confermandone anche l’importanza sociale, nulla si vuol sottrarre al credo religioso e a convenzioni da tempo radicate nella nostra società, ma si vuole dare l’opportunità, anche a queste relazioni, di vedere finalmente riconosciuta la loro dignità di coppia, sia nella comunità astigiana che nei diversi momenti della vita quotidiana. 

La promozione di una cultura che rispetti e valorizzi le uguaglianze passa certamente attraverso l’informazione e l’educazione, ma anche attraverso la fondamentale azione delle Istituzioni, specialmente quelle immediatamente vicine ai cittadini.

Qui il mio intervento in Consiglio Comunale per l'approvazione dell'ordine del giorno di l'indirizzo.

venerdì 4 settembre 2015

8 referendum per tornare a contare


L’Associazione “Possibile” ha depositato lo scorso 16 luglio, presso la Corte di Cassazione, ben 8 quesiti referendari per dire no alla riduzione di democrazia della legge elettorale (l'Italicum), alle trivellazioni in mare del decreto Sblocca Italia, ai licenziamenti illegittimi e ai demansionamenti della riforma del lavoro (il Jobs Act) e al preside-manager della riforma "Buona Scuola".

L’idea è quella di condividere con i cittadini una serie di quesiti su questioni cruciali secondo la nostra Costituzione: temi fondamentali che riguardano concretamente la vita del nostro Paese. Non basta infatti lamentarsi di ciò che fa la politica ma si può e si deve fare di più: firmando gli 8 quesiti referendari gli italiani potranno nuovamente scegliere, potranno riappropriarsi fattivamente di una democrazia che ci sta sempre più sfuggendo di mano.
La consultazione referendaria consentirebbe di restituire loro la sovranità che hanno smarrito rispetto a un Parlamento che ha compiuto, spesso con l’utilizzo del voto di fiducia richiesto dal governo, scelte mai contenute in alcun programma elettorale, neppure in quello di Renzi all'epoca della candidatura a segretario del suo partito, e su cui mai era stato chiesto il voto ai cittadini. Pensiamo che gli elettori debbano potersi esprimere almeno dopo: per poterle cancellare o modificare.

Una campagna popolare, aperta a tutti, partecipata, che parte finalmente dal basso perché i referendum sono di tutti quelli che li firmano. Se ognuno farà la propria parte e tutti avranno voglia di mettersi in gioco, allora si riuscirà a raggiungere l'obiettivo delle 500.000 firme entro il 30 settembre: solo così i referendum potranno essere indetti già nel 2016, accorpandoli alle amministrative e quindi senza ulteriori costi per la collettività; in caso contrario, se ne riparlerebbe tardivamente nel 2017 con le parti errate delle riforme già in piena attuazione.

Una mappa con tutti i banchetti e i comuni attivi per la raccolta firme è consultabile su http://referendum.possibile.com/mappa-eventiI residenti nella provincia di Asti potranno comunque sostenere la campagna referendaria recandosi a firmare presso l'URP del Comune di residenza (controllando la reale attivazione sulla precedente mappa) o in quello di Asti, in Piazza San Secondo, aperto dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle 12 e martedì e giovedì pomeriggio dalle 15.30 alle 17.30.
Si potrà firmare anche presso i banchetti che verranno organizzati in città, presso i Portici Anfossi di Piazza Alfieri, prevalentemente nei giorni di mercato (mercoledì, sabato) e la domenica.

La raccolta firme si sta svolgendo in tutta Italia nel silenzio assordante dei media e per questo c’è bisogno dell’aiuto di tutti. Chiunque volesse quindi contribuire, in qualunque maniera, all'organizzazione e alla raccolta delle firme può scrivere a astipossibile@gmail.com. Si tratta anzitutto di una questione democratica: la scelta appartiene al popolo.

Ma entriamo nel merito delle proposte referendarie:


LA LEGGE ELETTORALE. Soltanto una legge elettorale che restituisca ai cittadini la possibilità di scegliere i propri eletti, con proposte chiaramente alternative, potrà riportare gli elettori alle urne (il 50% degli aventi diritto oramai non si reca più a votare) e garantire che le scelte successivamente compiute in Parlamento siano frutto degli impegni assunti con il programma elettorale. L’Italicum, la nuova legge elettorale che entrerà in vigore nel luglio 2016, va in tutt’altra direzione: lascia ai partiti la scelta della gran parte degli eletti; consente a chi arriva primo di ottenere comunque una maggioranza ampia, anche se il suo risultato è stato modesto; determina la formazione di un partitone di governo con tanti partitini di opposizione, frammentata (per legge) e così incapace di rappresentare un’alternativa. Per questo riteniamo che l’Italicum vada abrogato, secondo quanto prevede il secondo quesito referendario. Ciò è possibile perché rimarrebbe comunque applicabile il Consultellum (che non è il sistema migliore, ma certamente è conforme alla Costituzione, essendo risultato da una decisione della stessa Corte costituzionale), consentendo di approvare davvero una legge che assicuri la possibilità di scegliere i propri rappresentanti favorendo la possibilità di una stabile azione di governo (come avverrebbe con il Mattarellum nella versione che vigeva, fino al 2005, per il Senato). In ogni caso, riteniamo che almeno un punto vada certamente cancellato dall’Italicum: i capilista bloccati (privilegiati fidati del capo) e la loro possibilità di candidarsi anche in dieci collegi (come se avessero il dono dell’ubiquità). Ciò è possibile con il primo quesito referendario.


LA RICONVERSIONE ECOLOGICA DELL'ECONOMIA. Da tempo auspichiamo l’affermazione di una nuova concezione dell’ambiente e dell’economia, in grado di collegare questi elementi in uno sviluppo sostenibile e virtuoso. Proprio l’opposto di quanto avviene con lo Sblocca-Italia e con alcuni provvedimenti presi in precedenza e ispirati a un’idea di sviluppo del tutto datata e nociva per il benessere dei cittadini. Ne sono una dimostrazione palese le trivellazioni. Quelle in mare, a fermare le quali è mirato il terzo quesito. Ma anche le trivellazioni in generale, che sono state definite strategiche così da poter utilizzare tutta una serie di procedure derogatorie, spesso latrici di abusi e corruzione. Ecco, quindi, che il quarto quesito, vuole superare tutto questo. Ma la questione delle deroghe e “semplificazioni” procedurali viene da lontano, dalla particolare attenzione per le grandi opere, che abbiamo visto portare a grandi episodi di corruzione e malaffare. Per questo riteniamo sia da superare la politica delle grandi opere e delle procedure in deroga. Servono procedure semplici ma uguali per tutti e in grado di consentire gli adeguati controlli (anche questi uguali per tutti). A questo mira l’abrogazione della legge obiettivo con il quinto quesito.


LA TUTELA DEL LAVORO. Il lavoro non è, per la nostra Costituzione, un elemento qualunque, ma il fondamento della nostra Repubblica. È la stessa base della cittadinanza e di una reale uguaglianza. Per questo esso ha avuto una particolare tutela soprattutto dal 1970. Si tratta di tutele che devono essere adeguate e rese più coerenti con le nuove esigenze del mercato prevedendo un reale contratto a tutele crescenti. Tuttavia con il jobs act sono state ulteriormente diminuite le garanzie già ridotte dalla riforma Fornero e è stato previsto un contratto – non unico, come invece avrebbe dovuto essere – a tutele crescenti male e poco. Per questo con il sesto quesito si intende eliminare la nuova disciplina sul demansionamento, che contrasta con la protezione della dignità e della professionalità del lavoratore e con il settimo quesito restituire la tutela dai licenziamenti compiuti in violazione della legge.
LA SCUOLA. La scuola è il primo momento di formazione dei cittadini. È attraverso l’istruzione che si forma un cittadino libero e consapevole. La scuola deve essere pluralista, aperta, basata su una piena libertà di insegnamento. Deve rappresentare una comunità di persone libere e uguali nella differenza delle loro funzioni. La legge di riforma della scuola appena approvata dal parlamento va in tutt’altra direzione: acuisce le disuguaglianze sociali, rompe il concetto di comunità, minaccia la libertà di insegnamento e il pluralismo. Si tratta di un sistema da ripensare interamente ma che risulta avere la sua cifra caratterizzante nella individuazione di un preside-manager che “capeggia” tutta la comunità, a partire dal suo potere di chiamata diretta, rompendo così quei fondamenti ai quali abbiamo fatto riferimento. Per questo l’ottavo quesito riporta il dirigente scolastico al suo ruolo, che non è certo quello di un manager, e mira a riportare un significato di uguaglianza, pluralismo e di comunità.

Ulteriori informazioni e approfondimenti sono disponibili sul sito web http://referendum.possibile.com

Clemente Elis Aceto
Consigliere Comunale Indipendente

martedì 25 agosto 2015

Presidenza Asp: pubblicare i numerosi curricula pervenuti


Dopo la pubblicazione dell’avviso di ricerca per un componente del CdA Asp, risulta che siano pervenute al Comune numerose dichiarazioni di disponibilità.

Ora riteniamo opportuno proseguire sulla strada della trasparenza, come già avevamo sollecitato in occasione delle dimissioni del presidente Paolo Bagnadentro: il Comune pubblichi sul proprio sito i nomi e i curricula dei cittadini disponibili a ricoprire la carica di consigliere o presidente in seno al CdA della più grande e strategica partecipata degli astigiani, carica che ricordiamo essere remunerata con un compenso tra i 10mila e 32mila euro annui.

Ancora una volta ribadiamo che tale scelta andrà fatta seguendo principi quali il merito e la competenza, lasciando ad altri tempi e ad altri schieramenti le selezioni basate sul colore politico.

Asp è un’azienda di servizi al cittadino e se è vero che al suo interno i rappresentanti dei cittadini devono avere un ruolo di garanzia, è altrettanto vero che questo non consente al Comune di sorvolare sull’indipendenza e sull’autorevolezza né dei consiglieri, né tanto meno del suo presidente.

Clemente Elis Aceto (indipendente),
Riccardo Fassone ed Enrico Panirossi (Partito Democratico),
Consiglieri comunali - Asti

giovedì 30 luglio 2015

Modalità trasparenti e meritocratiche per gli incarichi pubblici


Appresa dagli organi di stampa la notizia delle dimissioni del presidente dell’Asp Paolo Bagnadentro, cogliamo l’occasione per congratularci con lui per l’ottimo lavoro svolto in questi due anni e otto mesi. Gli auguriamo di trascorrere innumerevoli futuri momenti felici assieme alla sua famiglia.

In qualità di consiglieri comunali, ne approfittiamo per effettuare una riflessione sulla nomina del futuro presidente della più importante e strategica società partecipata del comune di Asti, ed in generale sulle modalità di selezione dei candidati agli incarichi pubblici che questa e le future Amministrazioni astigiane dovranno adottare.

Le nomine che attendono il Comune di Asti, tra cui anche quella del nuovo presidente Asp, dovranno a nostro parere avvenire all'insegna della trasparenza e della meritocrazia. Invitiamo pertanto il Sindaco ad affrontare questa fase attraverso il meccanismo della selezione per meriti e capacità, offrendo a chi è in possesso dei requisiti gli strumenti necessari a candidarsi, e ai cittadini una procedura trasparente per seguire le fasi di selezione.

In una fase in cui la fiducia dell’opinione pubblica nei confronti delle istituzioni è ai minimi storici, è necessario dimostrare la capacità della politica di saper affidare ruoli chiave a figure di comprovata competenza. Questa potrà inoltre essere l’occasione per riaffermare l’indipendenza di cariche ed enti, introducendo ove necessario norme che indichino con chiarezza le incompatibilità tra mandati pubblici, ruoli politici e cariche all’interno delle grandi forze economiche.

I Consiglieri comunali
Aceto - Fassone - Panirossi

4 Temi | 8 Sì - La Sovranità appartiene al Popolo


Lo scorso 16 luglio, presso la Corte di Cassazione, sono stati depositati ben 8 quesiti referendari riguardanti la legge elettorale (l'Italicum), il blocco delle trivellazioni in mare del decreto Sblocca Italia, la riforma del lavoro (il Jobs Act) e il preside-manager della riforma "Buona Scuola". Si tratta, come evidente, di questioni cruciali, di aspetti fondamentali secondo la nostra Costituzione. Ulteriori informazioni e approfondimenti sono disponibili sul sito web referendum.possibile.com

Il Comitato "Asti POSSIBILE", con la collaborazione trasversale di alcuni Consiglieri Comunali, si è adoperato per attivare la raccolta firme nel Comune di Asti. Da questa settimana e fino alla fine di settembre sarà infatti possibile sostenere la campagna referendaria recandosi a firmare presso l'URP del Comune di Asti, in Piazza San Secondo, aperto dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle 12 e martedì e giovedì pomeriggio dalle 15.30 alle 17.30.
Si potrà firmare anche presso i banchetti che verranno organizzati in città, presso i Portici Anfossi di Piazza Alfieri, prevalentemente nei giorni di mercato. Ove possibile, si procederà anche alle formalità per l'attivazione della raccolta firme nei Comuni della Provincia, della quale si farà altrettanta informazione e promozione.

L’idea è quella di condividere con la Città una serie di quesiti sui temi fondamentali della vita politica del nostro Paese. La sfida referendaria consentirebbe di restituire ai cittadini la sovranità che hanno smarrito rispetto a un Parlamento che ha compiuto, spesso sotto la minaccia del voto di fiducia richiesto dal governo, scelte mai contenute in alcun programma elettorale e su cui mai era stato chiesto il voto ai cittadini. Pensiamo che gli elettori debbano potersi esprimere almeno dopo: per poterle cancellare o modificare.

Una campagna popolare, aperta a tutti, partecipata, che parte finalmente dal basso. Se ognuno farà la propria parte e tutti avranno voglia di mettersi in gioco, allora si riuscirà a raggiungere l'obiettivo delle 500.000 firme entro il 30 settembre: solo così i referendum potranno essere indetti già nel 2016; in caso contrario, se ne riparlerebbe tardivamente nel 2017.
Chiunque volesse contribuire all'organizzazione della raccolta firme può scrivere a astipossibile@gmail.com.
Si tratta anzitutto di una questione democratica: la scelta appartiene al popolo.

lunedì 13 luglio 2015

BattiQuorum - Votare deve essere importante per chi lo fa


L'audiointervento in Consiglio Comunale

Chiacchierando, leggendo e confrontandomi sul "Quorum Zero" ho sostanzialmente ascoltato due scuole di pensiero:

La prima: recependo il quorum zero corriamo il rischio di incamminarci in un sentiero volto a “delegittimare l’azione politica”, un sentiero che conduce in un’agorà in cui rischia di vincere chi urla di più, mentre dovrebbe scegliere chi ha già vinto perché si è sottoposto al “bagno elettorale”. 

Io non concordo: recependo il quorum zero non delegittimiamo l’azione politica, casomai MODIFICHIAMO le dinamiche dell’azione politica: se io amministratore so che una decisione può essere sottoposta all'opinione dei cittadini attraverso lo strumento del referendum mi adopererò PRIMA per un’ampia condivisione dei miei progetti contribuendo così ad aumentare il grado di partecipazione oggi ridottasi a bassissimi livelli. Ci dovremmo interrogare poi se la logica del “vince chi urla di più” sia valida solo per i referendum o anche a proposito dell’elezione dei rappresentanti istituzionali che si sottopongono al cosiddetto “bagno elettorale”. Poi perché se i cittadini devono dare mandato di rappresentanza a noi può bastare meno del 50% degli aventi diritto mentre se si devono esprimere loro devono essere più del 50% degli aventi diritto? Se avessimo un quorum anche per le elezioni dei rappresentanti le ultime elezioni non avrebbero espresso eletti e il fatto che invece li abbiano espressi vuol dire che sono delegittimati politicamente poiché votati da meno del 50% degli aventi diritto? Io dico di no!

La seconda: ma tu sei per una democrazia rappresentativa che si estrinseca attraverso l’azione dei corpi intermedi o per una democrazia diretta dei cittadini? Perché sono due cose in antitesi e una esclude l’altra.

Non sono così convinto che si escludano a vicenda: così come uno o più eletti potrebbero non essere d’accordo su uno o più punti del mandato di governo su cui i cittadini gli hanno conferito potere di rappresentanza, che non è una delega in bianco, anche i cittadini potrebbero non essere d’accordo su alcuni punti e vorrebbero magari potersi esprimere all'occorrenza e senza vincoli, esattamente come hanno fatto quando hanno conferito quel mandato ai propri rappresentanti.
I cittadini danno agli eletti un mandato di rappresentanza, ripeto, non una delega in bianco, se così non fosse potrebbero verificarsi delle storture. Per esempio potrebbe verificarsi che non 1,2 o 3 eletti, ma addirittura un’intera maggioranza non sia d’accordo con uno o più punti del programma elettorale sul quale hanno ricevuto mandato e quindi non attuarli. Questo fatto denoterebbe, oltre ad una evidente crisi di rappresentanza, persino una sfida alla legge dei grandi numeri!

La crisi della rappresentanza è drammaticamente percepibile, come la crisi di fiducia verso quelle comunità intermedie costituite anche dai nostri partiti politici che, vuoi per loro colpe, vuoi per colpe di chi dovrebbe ascoltarli, hanno diminuito il loro potere di incidere nei processi decisionali.

La situazione contingente vede il verificarsi del combinato disposto di una crisi di rappresentanza e di un preciso disegno di continua ed inesorabile sottrazione ai cittadini del potere di intervento nella vita pubblica: questo fatto determina uno squilibrio di poteri decisionali che fa pendere la bilancia TROPPO verso gli eletti le cui decisioni non vengono così controbilanciate né dai corpi intermedi, né dai cittadini direttamente. E' per questo motivo che, pur prediligendo e riconoscendo la centralità dei corpi intermedi nella funzione della rappresentanza democratica, in questo particolare periodo socio-economico-politico, ritengo sia altrettanto importante che gli eletti abbiano un controaltare e questo controaltare siano i cittadini che li hanno votati.

A scuola mi hanno insegnato che la democrazia è il governo del popolo.

Esempi di questa sottrazione di partecipazione dei cittadini alla vita pubblica e quindi di depauperamento della democrazia potrei farne a bizzeffe:

Il "Jobs Act", la riforma del lavoro
  • basti pensare al trattamento riservato ai corpi intermedi, a volte persino sbeffeggiati, rappresentati dai sindacati.
  • approvato con il ricorso al voto di fiducia da parte del Governo sotto forma di Legge delega che quindi demanda non necessariamente ad eletti le scelte definitive.

"La Buona Scuola", la riforma della scuola
  • in cui non pare che la disponibilità di dialogo coi corpi intermedi l’abbia fatta da padrone con il culmine nel voto di fiducia che ha scavalcato persino la discussione dei rappresentanti in parlamento dei cittadini

La riforma del Senato
  • realizzata da un parlamento eletto in base ad una legge dichiarata incostituzionale che determina un problema di legittimazione, non giuridica, ma quantomeno politica
  • le riforme costituzionali dovrebbero rispondere in primo luogo all'esigenza di favorire e accrescere la partecipazione dei cittadini mentre con questa riforma la si riduce (eletti non sono espressione del voto popolare).
  • le funzioni del Senato che la riforma si prefigge di realizzare: funzioni di riflessione, controllo e garanzia anche attraverso funzioni di coesione territoriale (consiglieri regionali e sindaci) sarebbero più adeguatamente svolte da un Senato in larga parte elettivo cosa che non è.

L'Italicum, la riforma elettorale
  • La nuova legge elettorale per la Camera dei deputati (L. 52 del 2015), contravvenendo a quanto stabilito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 1 del 2014, ha nuovamente introdotto un sistema che impedisce, in larga misura, la scelta da parte dei cittadini dei propri rappresentati nell'unica Camera del nostro Parlamento destinata a rimanere direttamente elettiva. Spetta, infatti, ai Partiti indicare i Capolista in 100 collegi plurinominali, con la conseguenza che chi vince le elezioni, grazie al premio di maggioranza, otterrà 100 deputati su 340 indicati come Capolista e quindi sottratti alle preferenze dei cittadini; chi le perde vedrà eletti 290 deputati in proporzione ai voti ricevuti, tendenzialmente coincidenti con i Capolista». In breve: «390 deputati su 630 saranno sottratti alla libera e democratica elezione popolare alla faccia della Corte costituzionale e della Sovranità popolare.

Elezioni provinciali
  • L'avamposto territoriale della logica di diminuzione del potere di intervento nella vita pubblica da parte dei cittadini sono le elezioni provinciali: elezioni di secondo livello in cui non sono i cittadini ad eleggere direttamente i rappresentanti ma i loro rappresentanti eletti in altri Enti per fare altro.

Le leggi di iniziativa popolare
  • nel nostro Parlamento, le leggi di iniziativa popolare hanno una possibilità su 25 di diventare realtà. Gli ultimi dati disponibili negli archivi digitali delle Camere risalgono all’inizio dell’ottava legislatura, nel 1979. A partire da questa data fino alla fine del 2010, su 216 proposte di legge di iniziativa popolare depositate, solo 9 sono state approvate in via definitiva. Le altre sono ancora «in discussione» o addirittura «da assegnare alle commissioni competenti» (ovvero dimenticate per sempre negli archivi della Camera e del Senato).

Ed è con questi numeri desolanti che si misura l’ascolto che noi politici, i nostri partiti, rappresentati nelle istituzioni, danno alle istanze popolari, che pure la Costituzione prevede e sollecita.
Allora, non ci limitiamo solamente a verificare l’esistenza di una deriva autoritaria che non ci piace senza cercare di fare nulla per invertire la tendenza, ma prendiamo anche atto di una lenta e inesorabile sottrazione ai cittadini del loro DIRITTO di partecipare alla vita pubblica: se siamo noi stessi amministratori locali, con le nostre mani, ad escluderli non stupiamoci se poi alle elezioni va a votare 1 italiano su 2.

Esprimersi attraverso il voto deve tornare ad essere importante, per chi lo fa. E dannoso per chi se ne astiene che di fatto “delegherà” non ai rappresentanti, ma a chi decide di decidere, la scelta su temi importanti per la città. Naturalmente questa massa silente o indifferente fa molto comodo al potere ma danneggia la democrazia, avvilisce la partecipazione, mortifica la volontà di approfondire, svuota l’agorà.

Abbiamo oggi l’occasione di dimostrare che anche a Asti i cittadini contano. Cerchiamo di coglierla, non per timore o per convenienza, ma per sincera volontà di riconoscere il valore vero di una democrazia che ci sta sempre più sfuggendo di mano.

giovedì 4 giugno 2015

La Buona Scuola o una Scuola alla Buona?


In merito alla riforma della scuola, il Governo ha risposto alle critiche, alle dimostrazioni di malumore e alle proposte del parco docenti, degli studenti, dei genitori e delle forze sociali con un pot-pourri di insensibilità e talune volte arroganza.

Bisognerebbe invece, a mio avviso, preferire la via dell'ascolto reale e sincero delle parti coinvolte e sconvolte da questo progetto di riforma e magari tarare la riforma stessa non sul brevissimo periodo ma utilizzare l’ausilio di un piano pluriennale che avrebbe consentito di ordinare meglio tutte le pedine nelle giuste caselle e con tempi fisiologici. Fare questo sarebbe rispettoso per chi da settimane è mobilitato a proprie spese (in tutti i sensi) per difendere, non solo gli interessi di una qualche categoria, ma del Paese intero. Sarebbe oltretutto necessario perchè, se è vero che a parole tutti vogliono valorizzare il ruolo degli insegnanti, capita poi troppo spesso che i politici, categoria di cui facciamo parte a livello locale, li oltraggino. Sarebbe infine anche un modo per dire e ricordare a tutti che la scuola è da anni oggetto di riforme che l'hanno resa più povera, più fragile, meno pubblica, meno uguale.

Noi rappresentiamo la nazione e i cittadini a livello locale e i concetti di nazione e cittadinanza iniziano proprio a scuola e dalla scuola.

Prendo atto invece a malincuore del fatto che chi governa questo Paese sta cambiando le regole del mondo dell’istruzione senza ascoltare chi sta ogni giorno in classe o gravita attorno all'ambiente scolastico. Si vede che il livello di governo nazionale non ha ben compreso che, ignorando una reazione contraria di tale portata (penso anche allo sciopero del 5 maggio e al boicottaggio dei test invalsi) e così trasversale (pensiamo che ha messo d’accordo insegnanti di ruolo, famiglie, alunni, forze sindacati, minoranze parlamentari ed anche buona parte stessa dei precari), rischia NON di fare la riforma della scuola, ma una riforma CONTRO la scuola.

Imperterriti si decide invece di andare avanti come il capitano Edward Smith, il capitano del Titanic, di fronte alla “grande donna bianca”, l'iceberg, destinati solamente a scontrarsi con la disgregazione lenta e inesorabile della scuola pubblica italiana.

Ho seguito con attenzione l’iter del DDL alla Camera e devo dire che, nonostante i miglioramenti apportati in commissione, l'impianto generale della riforma, già approvata dal primo ramo del Parlamento, resta per me assolutamente non condivisibile sostanzialmente perché mina alle basi la possibilità di rendere il sistema di formazione pubblico davvero universale, moderno, che guardi e sia rivolto davvero a tutti.

Sono tre gli aspetti particolarmente incriminati di questo indebolimento della scuola pubblica così come risultanti dal DDL:
  1. Il potere di chiamata diretta degli insegnanti attribuito al dirigente scolastico
  2. Il meccanismo di valutazione dei docenti
  3. L’introduzione non regolamentata dei finanziamenti privati
Tutti i precedenti punti vedono alla base alcuni preoccupanti comuni denominatori:
  1. La volontà di premiare l’arbitrio del dirigente scolastico di turno e non certo il merito del personale scuola
  2. L’incastonamento dell’istruzione pubblica generale in un quadro in cui si avalla e si incoraggia l’esistenza di scuole di serie A, generalmente frequentate dai figli di una certa classe e ceto sociale e dislocate in punti precisi del territorio nazionale e scuole di serie B, generalmente frequentate dai figli di un ceto sociale meno abbiente e localizzate nelle zone più povere del Paese (e non mi riferisco solo al Sud). Il tutto in barba a moltissimi principi enunciati dalla Carta Costituzionale.
E a ciò si aggiunge, ultimo ma non meno importante,
  1. l'esclusione da qualsiasi percorso di stabilizzazione di decine di migliaia di precari abilitati che da anni prestano il loro servizio nella scuola pubblica (e la cui assunzione a tempo indeterminato al superamento del 36° mese di servizio sarebbe imposta da una sentenza della Corte di Giustizia Europea)
  2. la parallela assunzione di altrettanti docenti secondo regole che di fatto mascherano da stabilizzazione una vera e propria precarizzazione del loro futuro (tant’è vero che anche molti dei potenziali assunti iniziano a domandarsi se non sia meglio rimanere precari). Il meccanismo pare somigliare, in ambito pubblico, a ciò che stà alla base del jobs act: si spaccia per stabilizzazione dei precari con un contratto a tutele crescenti ciò che in realtà risulta un depauperamento dei diritti sui futuri contratti a tempo indeterminato se paragonati a quelli attuali.
Tra le situazioni che generano tale precarizzazione di fatto cito ad esempio:
  • La perdita di titolarità sulla cattedra che si occuperà
  • La possibilità CONCRETA di essere costretti a trasferirsi su altre materie, mai insegnate, a causa di suddetta perdita di titolarità a meno che non si riesca a trovare un dirigente, per così dire, “compiacente”
  • L’entrata nei famigerati “albi territoriali” con la conseguente perdita di tutte le precedenze maturate nel corso di anni e anni di insegnamento, spesso lontano da casa, ed a costo di notevoli sacrifici
  • Il rischio, specie per chi occupa posizioni più basse delle GAE, di essere “spediti” lontano dalla provincia di iscrizione ed addirittura fuori regione (non potendo rifiutare l'incarico, pena la cancellazione dalle graduatorie)
  • La grande incognita mobilità straordinaria del prossimo anno scolastico
  • L’impotenza di fronte ad un'assunzione fuori regione e la relativa immobilizzazione, per quei docenti che, all'atto di aggiornamento delle GAE, avevano scelto una provincia senza prevedere minimamente una simile DRASTICA risoluzione del “problema” precariato
  • L'assoluta incertezza circa la sorte sul futuro lavorativo e la “logistica” delle “famiglie dimezzate” di chi è precario da una vita
L’obiettivo di riformare l’insegnamento e l’istruzione del sistema scolastico italiano al fine di perseguire livelli più alti di qualità risulta evidentemente condivisibile sul piano teorico ma pone una questione preliminare circa la sua declinazione in termini pratici: passaggio sempre assai irto di insidie, come la storia recente attesta.
Una riforma della scuola è senz'altro necessaria e doverosa ammesso però di intendersi sul significato del termine 'riforma'. Negli ultimi 25 anni, infatti, in Italia è stato sovente utilizzata questa parola per giustificare interventi ufficialmente mirati a lodevoli iniziative di progresso e cambiamento, mentre ufficiosamente puntavano a una riduzione dei diritti e alla concretizzazione di un arretramento della situazione generale in diversi settori essenziali della vita sociale, penso per esempio al lavoro (il jobs act ne è esempio) e alla formazione stessa.

Ho sempre odiato i benaltristi ma questa volta un po’ di ragione ce l’hanno: voi capite bene che qualcosa non funziona in un contesto in cui constatiamo, tutti i giorni, l’incapacità di un Paese a trattenere le sue giovani teste su cui investe con la formazione; qualcosa non funziona in un contesto in cui, ogni giorno, chi siede nelle aule scolastiche indica nell'edilizia il primo vero problema della scuola di oggi; qualcosa non funziona in un contesto in cui si dotano gli istituti di una LIM, le insegnanti di un tablet per la compilazione del registro on-line e poi manca la connessione a internet in classe, manca la carta igienica (con la conseguente perdita di tempo per organizzare la logistica di approvvigionamento tramite le famiglie), mancano o sono mal attrezzate e funzionanti le aule di informatica (non basta aumentare le ore di informatica per impararla), mancano aule di scienze attrezzate per favorire l’apprendimento anche con metodi empirici, ecc...

Tante volte si intraprendono repentinamente strade lunghe e complicate quando la soluzione potrebbe essere davvero semplice: si deve decidere se la Scuola è uno degli aspetti fondanti e fondamentali da cui ripartire, investire e rilanciare il Paese. Io dico di sì.

  • La prima vera riforma della scuola dovrebbe allora consistere nel restituire al settore della formazione risorse più adeguate (l'Italia investe l'1,9% del PIL a fronte di una media europea del 4%) e nell'avvicinare gli stipendi degli insegnanti italiani alla media europea.
  • Il secondo passo dovrebbe consistere in un ripensamento del concetto di autonomia secondo il principio dell’autogestione dell'ente scuola che non dovrebbe essere valutato da una autorità esterna ma dalla comunità che lo costituisce.
  • La terza priorità dovrebbe consistere nel superare una dispersione di materie secondarie e progetti formativi talora improbabili e tornare ad investire di più sulle materie fondamentali, quelle che incidono direttamente sulle capacità critico-cognitive, su quelle logiche e di calcolo, su quelle di analisi, comprensione e scrittura di testi.
Per queste indicazioni, non certo contenute nell’attuale DDL scuola, avrei presentato un ODG per impegnare l’Amministrazione a richiede il sostanziale ritiro o la completa revisione del DDL scuola. A seguito del mancato obiettivo di ritrovare una mediazione con la Maggioranza, la Minoranza ha presentato un ODG simile che ho deciso comunque di approvare.

Non siamo in una situazione normale, nel senso che non sarebbe fisiologico proporre ODG contrari a provvedimenti proposti dal Governo sostenuto dallo stesso partito con cui si amministra la città. Ma questa anomalia è la conseguenza di un'anomalia ancora più grande, ossia quella dello stravolgimento del mandato ricevuto dagli elettori riguardo settori importanti come la scuola, il lavoro e le regole fondamentali della democrazia, seguendo una linea che appare più vicina alle idee di Forza Italia e della destra piuttosto che a quelle che dovrebbero essere le posizioni di un centrosinistra popolare.

mercoledì 1 aprile 2015

Salgo sul carro il primo d'aprile!

Da oggi ho deciso: SALGO SUL CARRO! Credo nei cambi di verso, nelle rottamazioni. Credo nell'approvazione, a colpi di fiducia, della legge di stabilità, del decreto “sblocca Italia”, del “Jobs Act”, e della riforma costituzionale. Credo aumenteranno le tutele per tutti e porteranno moltissimi vantaggi concreti ai cittadini e lo snellimento della macchina burocratico-amministrativa. Credo che, con la loro approvazione, vi sarà un maggior controllo degli elettori nei confronti dell’operato del Governo. 
Credo sia stato un errore contestare le modalità di svolgimento del congresso Pd e l'accordo politico finale ha dimostrato, per l’ennesima volta, non l’inamovibilità del sistema fondato su puri tatticismi di potere, ma la più alta espressione di democrazia esistente. Per cui, anche mercanteggiare un posto nelle segreterie per garantirsi appoggio alle successive elezioni, costituisce un'operazione fatta nell'esclusivo interesse di tutti i cittadini. 
Constato che il mondo fuori è cambiato e ha sorpassato vecchie logiche fatte di presentazione e inutili discussioni di Odg in seno alle assemblee: i cittadini vogliono uscire dalla palude in cui ci tengono le minoranze-gufi e necessitano di una persona autorevole che faccia per tutti e decida tutto da sola. Le Assemblee, inoltre, devono ratificare tutto velocemente senza dibattito preventivo ma, se mai, successivo. L'importante è fare, non importa come.
Credo che ogni Sindaco debba stare nel CdA di una banca affinchè politica e finanza si "contaminino" positivamente a vicenda e credo che la naturale alleanza di governo futura sia anche con Forza Italia in un Partito della Nazione: in fondo Berlusconi ha dato tanto a questa nazione. Credo di essere arrivato a un punto di svolta: da ora in poi non manifesterò assolutamente alcun dissenso sulle cose che non condivido, sia in seno al partito che alla maggioranza...
Ahahahahaha!!! PESCE D'APRILE!!!

venerdì 6 marzo 2015

Ad Asti "SI deLIBERA L'AMORE"!


Milano, Napoli, Genova, Pisa, Perugia, Reggio Emilia, Alessandria, Bagheria, Niscemi, Palermo, Siracusa, Roma, Bari, Cagliari, Barletta, Ivrea, Voghera, Rivoli, Foligno, Arcore, Taormina, Monza, L’Aquila, Buccinasco, Viareggio, Cogoleto, Scandicci, Spello, Rimini, Campello sul Clitunno, Celle Ligure, Calamandrana e potrei continuare così per qualche altro centinaio di comuni più o meno grandi che hanno già istituito il Registro delle Unioni Civili. Si dice che un lungo cammino inizia sempre da un piccolo passo ma finalmente le gambe, come avete potuto sentire, stanno diventando molte.

I muri che ostacolano i cambiamenti di civiltà sono sempre costituiti da piccoli mattoncini e Asti, questa sera, deve fare la sua parte e togliere il suo. E’ fresca la discussione sul bilancio e sull’impossibilità di fronteggiare bisogni con la contemporanea riduzione di risorse dallo Stato centrale. Noi amministratori locali lo proviamo sulla nostra pelle: sappiamo bene che dovrebbe essere il Parlamento a seguire i bisogni e le necessità dei cittadini mentre accade sempre più spesso che siano i cittadini (e le istituzioni ad essi più vicine) a dover far fronte alle nuove (e a volte anche alle vecchie) esigenze. E’ allora anche grazie alla spinta dei singoli Comuni elencati a cui stasera vorremmo accodarci se, proprio in questi giorni, è in discussione in commissione Giustizia del Senato una proposta di legge per giungere al riconoscimento giuridico delle coppie di fatto. Proposta che allora oggi più che mai dobbiamo sostenere onde evitare che si blocchi a pochi metri da un traguardo storico.

Il nostro parlamento è infatti da oltre 10 anni che ha intavolato la discussione (ma i primi disegni di legge in proposito furono presentati già nel 1986) ed è l'unico tra quelli fortemente sviluppati dell'Europa continentale a non aver dotato il Paese di una legge che riconosca stessi diritti per tutte le coppie, una legge che dia dignità ad una forma di unione affettiva che ha già ricevuto il pieno riconoscimento della società civile ed attende solo il riconoscimento istituzionale. Poichè siamo NOI gli Amministratori maggiormente a contatto con questa società civile e siamo Amministratori di una comunità intera, non di una parte di essa, abbiamo il dovere non solo di sollecitare il livello nazionale, ma anche e soprattutto di rendere NOI concretamente Asti una città civile e dobbiamo farlo mettendo nero su bianco l'eliminazione delle discriminazioni e diseguaglianze riguardanti le coppie legate da vincolo affettivo.

È proprio sulla scia del motto repubblicano francese "libertè, egalitè, fraternitè", che lo scorso Consiglio abbiamo messo nero su bianco, all'interno del regolamento comunale, il principio della fraternità. Oggi vorremmo parlare anche dei principi di libertà ed uguaglianza: la libertà secondo cui ognuno di noi può decidere come rendere pubblico il proprio status personale e l’uguaglianza perchè non parliamo di diritti speciali per qualcuno, ma degli stessi diritti per tutti.

Ciò che vorremmo fare oggi è quindi rendere più evidente sia dal punto di vista simbolico che pratico, un atto, un'iniziativa amministrativa che abbiamo fortemente voluto e che serve sostanzialmente a parificare, almeno sotto il profilo dei rapporti e servizi offerti dal Comune di Asti, le coppie di fatto non sposate legate da vincolo affettivo.

Qualcuno in buona fede potrebbe chiedersi: è compito nostro? Serve? A chi e a quanti serve? Oppure è il classico provvedimento che fa chic e non impegna? Cercherò di rispondere ad alcune di queste domande.

È compito nostro?

Una moltitudine di organi e testi giuridici e non hanno più volte espresso giudizi favorevoli al riconoscimento delle coppie di fatto: lo hanno fatto la Costituzione (art.2), la Corte Costituzionale, la Corte di Cassazione, il Parlamento europeo, la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (art.1), la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea. Premesso ciò, la creazione di un nuovo status personale è però certo spettare al legislatore statale così come riconosciuto in una sentenza della Corte Costituzionale. Nonostante ciò è riconosciuta al Comune la possibilità di operare in materia per le finalità ad esso assegnate dall'ordinamento; Il Comune di Asti, anche alla luce del Decreto Legislativo n. 267/2000, ha pieno titolo ad operare, nell'ambito delle proprie competenze, per promuovere pari opportunità per le unioni di fatto, favorendone l'integrazione sociale e prevenendo forme di disagio e diseguaglianza di trattamento, con particolare riferimento alle persone anziane e alle forme di discriminazione fondate sull'orientamento sessuale; Questo non lo dice il Consigliere Aceto: lo dice già oggi la legge e la giurisprudenza.

Serve?

Per garantire all'istituzione del Registro delle Unioni Civili una valenza pratica, alla sua approvazione dovrà contestualmente sommarsi la cura delle redazioni degli atti comunali futuri e il controllo ed eventuale ammodernamento dei regolamenti attualmente vigenti.  Sotto questo profilo ci risulta che il Comune di Asti abbia già eseguito spontaneamente, tramite Assessorati e Uffici e anche grazie a questa nostra iniziativa, un attento lavoro di controllo di atti e regolamenti comunali riscontrando misure soddisfacenti di prevenzione di ogni forma di discriminazione per le famiglie anagrafiche. Chiediamo che questo lavoro, da ora in avanti, riguardi anche le coppie di fatto e mettere nero su bianco questa richiesta serve a rendere un diritto realmente riconosciuto ciò che invece oggi è affidato semplicemente all'attuale buonsenso di alcuni.

A chi serve?

Spesso quando parliamo di Unioni di fatto il pensiero di molti, a dimostrazione dell’immaturità della società in cui viviamo, corre subito all’unione tra due persone dello stesso sesso. Ricordiamoci che questo è un provvedimento che non riguarda solo “la comunità LGBT” (che è un termine che personalmente odio perché intrinsecamente contiene un fattore di discriminazione). Ne beneficeranno bensì tutti i maggiorenni, di sesso diverso o dello stesso sesso, legati da vincolo affettivo, coabitanti ed aventi dimora abituale nel Comune di Asti.

Se avete notato fino ad ora non ho mai parlato di famiglia e invito anche voi a non farlo poiché quello di cui stiamo disquisendo nulla ha a che vedere con l’oggetto dell’articolo 29 della Carta Costituzionale né con l’ambito religioso che ancora qualcuno si ostina ad utilizzare strumentalmente per giustificare in realtà la propria omofobia. Vi prego di rimanere concentrati sul reale oggetto di discussione che sono i diritti, i diritti come reale affermazione di uno stato laico che nulla vuol sottrarre al credo religioso e a convenzioni da tempo radicate nella nostra società.

Istituire ad Asti il Registro delle unioni civili consentirà infatti di andare oltre i diritti del singolo cittadino, riconoscendo alla coppia, soprattutto a quella che oggi non avrebbe alcuna maniera e possibilità di esprimere il proprio status, quel vincolo affettivo che, al pari delle altre forme legittimate di unioni, rafforza il valore di essere e sentirsi parte della comunità astigiana.

Con l’intento di celare una contrarietà ideologica di fondo argomentandola con valutazioni numeriche e insinuando il dubbio della demagogia da parte di chi è invece favorevole, qualcuno potrebbe essere tentato di distogliere l’attenzione dall’importanza del gesto politico. E potrebbe farlo disquisendo, per esempio, su quanto questo strumento amministrativo sia usato là dove è già stato adottato. Ebbene vi prego di non cadere in tentazione perché siamo perfettamente coscienti che i numeri non saranno grandi, semplicemente perché grandi non sono i benefici che ne derivano essendo molto limitati gli ambiti di applicazione a livello comunale. Quand'anche però dovessimo garantire, col nostro provvedimento, i diritti, la dignità e il fondamentale riconoscimento del vincolo affettivo anche solo ad una singola coppia in tutto l’astigiano, ebbene io mi sentirei enormemente orgoglioso e onorato di averlo permesso e, ove possibile, di averlo fatto assieme a voi.

Vorremmo oggi contribuire a un'Italia unita nei diritti civili e speriamo, se possibile, che lo sia in futuro anche per quelli politici. Saremo una società realmente civile quando, anziché incontrarci per dibattere di accettazione e arginamento delle diversità, ci ritroveremo semplicemente per prendere atto e recepire le naturali uguaglianze.

giovedì 5 marzo 2015

Presentazione ODG sul Bilancio Previsionale 2015


Apro la presentazione dell’ODG con un ringraziamento all’ex Assessore al Bilancio Bianchino, alla Giunta e agli Uffici per l’impegno profuso nella redazione di un bilancio previsionale 2015 entro quello che dovrebbe essere il suo naturale termine anziché entro la metà dell'anno. Tutta l’Amministrazione e la maggioranza devono sentirsi orgogliose di questo risultato: probabilmente sarebbe stato politicamente più comodo e vantaggioso procedere fino ai termini consentiti dalla legge in regime provvisorio (in dodicesimi) per poter disporre di maggior risorse almeno nei primi mesi dell’anno ma RESPONSABILMENTE si è fatta una scelta a nostro avviso più ortodossa.

Nel limite dell’incertezza normativa dovuta alla redazione del previsionale quando ancora non era stata approvata la legge di stabilità 2015, nel limite dell’incertezza (e con la consapevolezza della sicura riduzione) di quelli che saranno i trasferimenti definitivi da Stato e Regione, nel limite dell’incertezza dei trasferimenti della Fondazione C.R. Asti in seguito alla variazione della loro tassazione, nel limite della straordinarietà del periodo socio-economico in cui viviamo, è stato comunque chiuso e approvato un bilancio che ha giustamente costretto l’intera Maggioranza e l’intero Consiglio Comunale a fare delle riflessioni soprattutto per le ripercussioni dei conti approvati su alcuni settori per noi politicamente strategici come il sociale, l’istruzione e la cultura sui quali, lo ricordiamo, si è abbattuta una parte della scure della diminuzione di 6,4 mln di euro di risorse correnti rispetto al consolidato 2014.

Se le ristrettezze economiche hanno sicuramente enormi difetti, oltre a stimolare necessariamente le idee, come dice l'Assessore Cotto, hanno anche il piccolo merito di aver costretto TUTTI ad addentrarsi, in maniera ulteriormente approfondita, nei meandri del bilancio comunale.

Collegialmente e nel rispetto delle sensibilità di tutti i gruppi di maggioranza l'Amministrazione è giunta alla sintesi approvata, comprensiva degli emendamenti accolti con favore e di cui ringraziamo la minoranza. Devo sinceramente e francamente affermare che non può essere una soluzione che entusiasma particolarmente ciascuno di noi a causa della coperta troppo corta e piena di buchi che qualcuno evocava. Nonostante ciò abbiamo dotato nei tempi corretti la macchina comunale di uno strumento finanziario su cui basare il proprio lavoro compatibilmente con le risorse disponibili. Considerata l’attuale carenza di risorse disponibili, l’approvazione della previsione 2015 non può assolutamente essere considerato un punto di arrivo per lo strumento finanziario che regola la macchina Comunale, ma un punto di partenza: tale strumento necessiterà di un continuo MONITORAGGIO durante il corso dell’anno e di una tempestiva RIMODULAZIONE all’estinzione delle incertezze pocanzi elencate o al reperimento di risorse aggiuntive.

Risorse aggiuntive che potrebbero derivare anche dal recepimento di importanti contributi della minoranza come l’istituzione di una apposita commissione sulla gestione ASP, l’ottimizzazione del trattamento rifiuti e la realizzazione di campagne di informazione sulla raccolta differenziata, la bollettazione di acqua e rifiuti ai campi nomadi, ecc...

Vorremmo quindi che non fosse travisato lo scopo con il quale viene presentato questo ODG che non può e non deve fungere, passatemi l’espressione, da “foglia di fico” rispetto alle criticità di questo bilancio di cui siamo perfettamente consapevoli, ma è presentato con lo scopo di investire la Giunta di ulteriore responsabilità tracciandogli anche la strada da seguire, non tra un mese ma già da domani, per tentare di recuperare quelle risorse che nostro malgrado mancano, così come del resto la stessa minoranza in consiglio ha evidenziato, da indirizzare prioritariamente ai settori Cultura, Istruzione e Servizi Sociali. 

Di povertà e diseguaglianza socio-culturale oggi non parla più nessuno. Forse perché non fanno marketing, non fanno moda, non entrano nella testa della gente. Averne parlato per molte serate ci rende merito e tentare di aggredirle ulteriormente, anche grazie all’ausilio di questo ODG, vuol dire cercare di preservare quella coesione sociale di cui ha palato l’Assessore Parodi e in questa situazione emergenziale non è solo una scelta politica prioritaria, ma fondamentale e coraggiosa.

Esorto quindi la Maggioranza, una volta approvato l’ODG e se si rendesse necessario, a usare ulteriore coraggio per l'immediato futuro quando si tratterà di effettuare le NOSTRE ulteriori scelte politiche di centro-sinistra con le variazioni di bilancio.

Una cosa mi ha personalmente colpito negli scorsi mesi: dalle commissioni consiliari a cui ho partecipato (propedeutiche alle serate sul bilancio), mai mi sarei aspettato di ricavarne, oltre ad un accrescimento sotto il profilo tecni-culturale-conoscitivo, anche un accrescimento sotto il profilo umano: la partecipazione e il coinvolgimento, anche emotivo, di Assessori, Dirigenti e dipendenti comunali sono sintomo delle criticità con cui dobbiamo confrontarci. In questo senso la mia solidarietà e vicinanza va anche quindi a dirigenti e impiegati comunali che devono operare in questo stato di cose e rivolgo a tutti (maggioranza, minoranza, dirigenti e dipendenti) una mia (non politica ma) personale richiesta di RESPONSABILITA’, responsabilità che noi Consiglieri possiamo usare stasera, indipendentemente dall’appartenenza politica, per approvare unanimemente questo ODG.

venerdì 23 gennaio 2015

Io non c'entrodestra


Il Pd, i cui principi ho sposato in maniera entusiastica qualche anno fa, non è più la stessa cosa.
Considerato il mio breve percorso politico non posso certamente affermare che prima fosse migliore: probabilmente aveva grossi limiti ma appariva ai miei occhi quantomeno perfettibile e per quello scopo mi ero messo a disposizione.
Il "cambiaverso" mi ha invece regalato esperienze dirette poco edificanti come il congresso del 2013 e un passaggio di sola andata da osteggiatore del Berlusconismo a sostanziale "alleato" di Brunetta e Verdini.
I dubbi son cresciuti esponenzialmente con il filotto di cumuli di cariche, politicamente e statutariamente discutili, dei massimi rappresentanti politico-istituzionali del Pd locale e nazionale.
Speravo si trattasse di una fase transitoria, invece le primarie liguri generano in me l'ulteriore dubbio di una deriva verticistica che basa le sue fondamenta su un vero e proprio "sistema" anziché sulle normali dinamiche democratiche di un Partito.
In questo senso il netto calo di tesseramento del Pd locale non può che essere un tassello del mosaico del "sistema" che speriamo non viri pericolosamente verso un Nazareno locale i cui effetti collaterali potrebbero riconsegnare, magari anche con l'ausilio di una deprecabile "manina", persino l'amministrazione della città al centrodestra attualmente stranamente quiescente.
Il senso di responsabilità prevale, ma esiste nel Pd una questione morale grossa come una casa e non volerla affrontare, anche a livello locale, potrebbe condurmi a non poter proprio più giocare nella stessa squadra.

P.S. "La Nuova Provincia" di oggi 23/01/2015 riporta in calce un grosso errore: NON sono assolutamente di area renziana.

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