martedì 29 ottobre 2013

La storia di un parto al Congresso PD


Gentili Compagni di Partito,

molti di voi mi conoscono già mentre per gli altri mi presento: mi chiamo Elis Aceto, frequento le stanze del Partito Democratico dal mio ingresso in Consiglio Comunale con il quale (forse) sono stato catapultato repentinamente in una realtà per certi versi molto più grande di me, una realtà che a volte umanamente gratifica mentre altre fa venire il mal di pancia nel senso letterale del termine. 

Ho partecipato a innumerevoli riunioni tra circolo cittadino, provinciale, esecutivi vari, l’organizzazione e la realizzazione della festa democratica, ecc… Una cosa che ho particolarmente patito in questa militanza è che il peso delle mie parole risultasse spesso identico, agli occhi dei poco militanti, a quello di qualche altro, non sempre iscritto, che invece non ha per nulla contribuito alla vita di partito ma è stato magari reclutato la sera prima con una telefonata per venire a sostenere questa o quella tesi di comodo. 

A casa ero veramente combattuto: cosa vado a fare al congresso? Perché?

Potrei sviscerare gli argomenti politici più disparati (l’investimento negli F35, la necessità di un'attenzione vigile sulla Costituzione , la realizzazione di leggi di civiltà, utili al paese e ad aumentare il suo tasso di giustizia, la legge elettorale, la legge sull’omofobia, la necessità di una risposta al sovraffollamento carcerario) ma lo lascio fare a chi è molto più in gamba e navigato di me, potrei raccontarvi che il momento del congresso è quello in cui fare emergere con nettezza una visione del futuro del paese e capire insieme dove vogliamo andare. Potrei anche dirvi che c’è un popolo di sinistra che ci guarda con sconforto, un elettorato deluso che ha visto poco a poco smorzarsi l’entusiasmo e che accetta che il suo – il nostro - partito perda le elezioni ma che ha paura di vederlo perdere l’anima.
Venendo a raccontarvi questo, sì, farei presenza, prenderei parola, magari riuscirei a far cambiare idea a qualche libero vecchio iscritto ma se poi la maggioranza di questi dovesse votare non in base alla propria coscienza e militanza ma in base alle capacità persuasive più o meno corrette, più o meno esplicite del proprio capobastone allora che ci vado a fare?

Allora non farò nulla di tutto questo: vi racconterò invece la storia di un parto.

La possibilità di frequentare da eletto gli ambienti amministrativi e da iscritto gli ambienti di partito mi ha aiutato a individuare quelle che secondo me sono le problematiche del PD locale. Ammetto che ancora oggi alcune logiche mi sfuggono ma di una cosa sono certo: oggi siamo riuniti qui per svolgere un compito importantissimo. Non dobbiamo pensare che il nostro compito si esaurisca facendo o rinnovando la tessera e votando: oggi siamo qui a svolgere un ruolo attivo, come potrebbe essere quello di un medico, durante un parto, appunto.
Oggi siamo chiamati a far nascere con le nostre mani un bimbo il cui nome è “Partito” e il cognome, ben più importante, è “Democratico”. Notate che non ho appositamente utilizzato le parole “ri-nascere” o “nascere nuovamente” perché mi risulta che i tentativi del passato si siano conclusi con un aborto a volte spontaneo e a volte indotto.

Non basta però quindi farlo nascere. Una volta accompagnato il bimbo PD fuori dal grembo materno dobbiamo tutti insieme, immediatamente dopo, recidere il cordone ombelicale che lo tiene ancorato a questo o quel capobastone.

Dobbiamo poi nutrirlo per garantire la sua crescita costituita da un frequente ricambio cellulare ed arricchire la sua esperienza e istruzione con un frequente rinnovamento delle persone che lo circondano e vi gravitano attorno: vi starete a questo punto chiedendo se mi riconosco o meno nella corrente dei "rottamatori". Vi rispondo che alla corrente dei rottamatori preferisco quella dei "carrozzieri", perché sono quelli che lavorano quando c'è ancora qualcosa di salvabile, e noi abbiamo molto da aggiustare ma anche da salvare. Ognuno di noi dovrebbe impegnarsi a vedere il cambiamento nella contaminazione e nell'arricchirsi delle diverse storie ed idee, non nel tentativo di eliminarne alcune. Solo così potremmo conoscere il segreto del vero rinnovamento, che non è un demolire, ma un riprendere, rinvigorire, re-interpretare.

Questo bimbo PD dobbiamo poi accudirlo con la nostra militanza per farlo arrivare ad essere grande, indipendente e camminare e muoversi da solo: più volte ho sentito parlare, anche pubblicamente, dei presidi dei centri di potere perché altrimenti si hanno le mani legate. Falso! Come possiamo pretendere di governare quei centri per perseguire il bene comune se non ce ne affranchiamo, se ci siamo dentro e ne veniamo condizionati? E’ come chiedere a un bambino che scopriamo con le mani nella marmellata di non mangiarla e di chiudere il barattolo! 

Infine dobbiamo curare i rapporti con i figli di questo bimbo che nel frattempo sarà diventato un adulto PD: gli eletti. Dobbiamo curarli al fine di evitare le dinamiche che hanno portato ai famosi 101 o alcuni nostri eletti, come la Serracchiani, ad affermare di vincere nonostante il PD. Eletti di questo tipo, lasciati soli, potranno solo effettuare scelte individualistiche mentre una schiera di eletti che siano vera espressione del partito democratico potrebbero finalmente attuare le cose di cui tanto si discute in queste stanze e poco si concretizza fuori.

Ecco perché, per tutto questo discorso, perdonatemi, più pragmatico che politico, ritengo Francesca Ferraris e Luigi Sposato i candidati ad essere l’unica scelta per lavorare a un parto spontaneo e non l'alternativa per un ulteriore aborto.

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