giovedì 3 novembre 2016

La rappresentanza territoriale con Regioni non rappresentate


Come tutti ormai sappiamo, la riforma costituzionale prevede che i nuovi componenti del Senato siano scelti tra coloro i quali ricoprono la carica di consigliere regionale o sindaco. In particolare il nuovo Senato, che nelle intenzioni degli estensori dovrebbero rappresentare i territori, sarà costituito da 74 consiglieri regionali + 21 sindaci + 5 nominati dal Presidente della Repubblica.

Già non si capisce che tipo di rappresentanza territoriale possano dare 5 Senatori nominati dal Presidente della Repubblica e secondo quali criteri dovrebbero essere scelti affinché questo avvenga. Ma in quanto a rappresentanza territoriale la riforma fa molto peggio...

Che sia scritta male lo hanno detto e ripetuto in tanti, anche gli stessi sostenitori del Sì. Però è certo che, anche dal punto di vista formale, la legge Renzi-Boschi-Verdini-Alfano presenta pecche piuttosto gravi.

Il legislatore non ha infatti tenuto in debita considerazione che, secondo gli Statuti delle Regioni a statuto speciale attualmente in vigore, i consiglieri regionali non possono ricoprire contemporaneamente le cariche di Senatore, deputato nazionale o deputato europeo. Per esempio, L’art. 3, comma 7 dello Statuto della Regione Sicilia recita infatti: "L'ufficio di Deputato regionale è incompatibile con quello di membro di una delle Camere, di un Consiglio regionale ovvero del Parlamento europeo".

I Consiglieri di queste Regioni, una volta scelti per far parte del nuovo Senato, si dovrebbero dimettere per assumere la carica di Senatore, cessando così la loro rappresentanza territoriale all'interno di quella Camera. Ma una volta rassegnate le dimissioni, poiché non più consiglieri regionali, non potrebbero assumere la carica da Senatore. Si creerebbe così un difetto di rappresentanza delle Regioni che avrebbero come unici rappresentanti in Senato i sindaci.

Per porre rimedio a questa stortura occorrerà una modifica degli Statuti delle Regioni autonome, che dovrà avvenire con legge costituzionale su intesa con le Regioni interessate. Ma la riforma costituzionale subordina e rinvia a future intese con queste Regioni anche la possibile applicazione del nuovo titolo V su cui gli stessi Enti potranno esercitare un potere di veto, rifiutando l’intesa, su qualunque ipotesi di modifica statutaria o finanziaria o di assetto di competenze ritenute sfavorevoli... Alla faccia della semplificazione e della velocizzazione!

Questa è solo una ragione in più per respingere al mittente questa sgrammaticata riforma.

Il Consigliere comunale
Clemente Elis Aceto

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